Viviamo in un’epoca complessa, segnata da una serie di crisi che sembrano non avere fine e che si influenzano a vicenda: problemi economici, tensioni politiche, disuguaglianze sociali e, non da ultima, l’emergenza ambientale. Queste sfide globali non agiscono come eventi isolati, ma si combinano creando un vero e proprio “ecosistema di stress” che ha un impatto significativo sulla salute mentale delle persone, sia a livello individuale che collettivo. In questo contesto, non stupisce quindi che emergano forme specifiche di disagio come l’ansia politica – ovvero la preoccupazione e l’angoscia per il futuro del nostro sistema socio-politico – e l’eco-ansia, la paura crescente per la sostenibilità del nostro pianeta. Per comprendere appieno questi fenomeni, è necessario guardarli in modo integrato, andando oltre le singole discipline.
Un punto di partenza fondamentale è capire se l’ansia legata alla politica sia qualcosa di diverso dalle forme di ansia più generiche, come il Disturbo d’Ansia Generalizzata. Uno studio scientifico del 2024, condotto da Weinschenk & Smith, ha affrontato proprio questa domanda. Attraverso analisi rigorose su dati di sondaggi, misurando specificamente l’ansia per stimoli politici (come la polarizzazione estrema, la qualità dei leader, l’aggressività nel dibattito pubblico) e confrontandola con l’ansia generalizzata, i ricercatori hanno concluso che l’ansia politica è un costrutto psicologico distinto. Sebbene possa esserci una certa correlazione con l’ansia generale, la politica stessa può essere una fonte autonoma e specifica di apprensione e preoccupazione per molti cittadini, non semplicemente una manifestazione di una generica tendenza all’ansia.
Ma cosa scatena questo malessere a livello di intere popolazioni? Un’altra importante ricerca, quella di Öztürk, Yetkiner e Özden del 2020, ha cercato di identificare i fattori economici e di “governance” (cioè il modo in cui un Paese è gestito e amministrato) che portano a un maggiore utilizzo di antidepressivi in 19 Paesi industrializzati, tra il 1997 e il 2017. L’uso di antidepressivi è stato considerato un “termometro” del disagio psicologico diffuso nella popolazione. I risultati sono chiari: un maggiore consumo di antidepressivi è significativamente legato sia a stress socio-economici classici, come alti tassi di disoccupazione e un elevato debito delle famiglie, sia a stress legati alla qualità della governance, come instabilità politica, mancanza di sicurezza, corruzione e forte disuguaglianza di reddito. In sostanza, un ambiente caratterizzato da precarietà economica, instabilità politica, istituzioni percepite come inefficienti o corrotte, e profonde ingiustizie sociali crea un carico di stress cronico sulla popolazione, che si manifesta con un aumento della necessità di ricorrere a trattamenti per il disagio psicologico.
Parallelamente all’ansia politica, si è definita e diffusa l’eco-ansia, descritta come la preoccupazione persistente e il profondo disagio emotivo legati alla minaccia ambientale, in particolare al cambiamento climatico e alle sue devastanti implicazioni ecologiche e sociali, come evidenziato da Clayton e altri nel 2017 e dall’American Psychological Association. A differenza dell’ansia generalizzata, che può essere più vaga, o dell’ansia politica, legata al sistema politico, l’eco-ansia ha un focus chiaro: la crisi del nostro pianeta e il suo impatto sul futuro dell’umanità, manifestandosi con paura, tristezza, rabbia, senso di colpa e persino sintomi fisici.
La vera sfida, tuttavia, sta nel comprendere come queste diverse forme di ansia “sistemica” siano interconnesse. Anche se gli studi citati non misurano direttamente l’eco-ansia, possiamo ipotizzare solidi collegamenti. Innanzitutto, il fallimento della politica nell’affrontare la crisi climatica può agire come uno stressor politico specifico, alimentando l’eco-ansia. La frustrazione per l’inazione o l’inefficacia dei governi si traduce in preoccupazione verso il sistema politico stesso. In secondo luogo, l’impatto della crisi climatica sulla stabilità politica ed economica è innegabile: disastri naturali, scarsità di risorse e migrazioni forzate possono destabilizzare economie e aumentare tensioni, alimentando ansia economica e politica in un circolo vizioso. Inoltre, è probabile che ansia politica ed eco-ansia condividano fattori scatenanti, come un elevato interesse per la politica che espone maggiormente alle notizie sulla crisi climatica, o l’influenza dell’ideologia politica e dell’esposizione mediatica. Infine, è plausibile una suscettibilità cumulativa: chi è già vulnerabile all’ansia politica potrebbe trovare la minaccia ecologica particolarmente stressante, aggravando il carico complessivo.
In sintesi, l’ansia politica è un costrutto reale e distinto, legato a preoccupazioni specifiche sul sistema politico. Fattori macroeconomici avversi e una governance percepita come debole o corrotta peggiorano la salute mentale collettiva, mentre l’eco-ansia si intreccia con quella politica, soprattutto quando i governi appaiono incapaci di gestire la crisi climatica. Questa prospettiva integrata ha profonde implicazioni. Per la ricerca, significa che studi futuri dovrebbero mirare a misurare congiuntamente queste diverse forme di ansia per analizzare le loro intercorrelazioni e identificare predittori. Per i modelli di benessere, significa incorporare indicatori ambientali e misure di ansia per comprendere meglio le dinamiche. Per le politiche, implica che le risposte alla crisi climatica, economica e di governance devono essere viste anche come determinanti della salute mentale collettiva; promuovere una governance efficace, trasparente e orientata al futuro è una strategia fondamentale per ridurre gli stressor sistemici. Infine, per il supporto psicologico, è necessario riconoscere e validare il distress legato a queste crisi globali, fornendo aiuto nell’elaborazione delle preoccupazioni e promuovendo strategie di coping attive, come l’impegno civico o l’azione pro-ambientale, che possono mitigare il senso di impotenza.
In conclusione, l’ansia politica e l’eco-ansia sono sintomi cruciali dell’era contemporanea, profondamente interconnessi e alimentati da stressor macroscopici. Affrontare queste sfide richiede un approccio integrato che riconosca il legame intrinseco tra la salute dei nostri sistemi – politico, economico ed ecologico – e il benessere psicologico della popolazione. Per cui riconoscere questi costrutti a livello individuale e terapeutico significa poter agire in maniera strutturata e mirata.
A cura del Dott. Fabio Panariello, Psichiatra
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