Quante volte ci capita di avvertire una strana sensazione e di pensare: “Mi sembra di aver dimenticato qualcosa”, come se la nostra mente ci stesse dicendo insistentemente che un compito deve ancora essere portato a termine? Ancora: quante volte ci è successo di non saper rispondere ad una domanda e di essere perciò rimasti in uno stato di tensione finché non abbiamo finalmente trovato la risposta spremendoci le meningi oppure cercando su internet? Bene, tutto ciò è causato dall’effetto Zeigarnik: uno stato mentale di tensione causato appunto da un compito non portato a termine, da un’azione lasciata in sospeso.
Questo si verifica perché, quando si comincia a svolgere una determinata attività, si crea inconsciamente una motivazione per portarla a termine il prima possibile, la quale rimane insoddisfatta se la stessa viene bruscamente interrotta. A tal proposito, non rappresenta di certo un caso il fatto che la mente umana sia molto più incline a continuare un’azione già intrapresa piuttosto che doverne affrontare un’altra partendo da zero dal momento che, proprio per via dell’effetto Zeigarnik, un compito interrotto rimane scolpito nella nostra memoria assai più profondamente di uno già completato.
L’effetto Zeigarnik prende il nome dalla psicologa lituana Bluma Zeigarnik la quale, nel corso degli anni ’20, mentre prendeva un caffè in un bar di Vienna, osservò con attenzione il comportamento dei camerieri. Ella notò come chi svolgeva questo mestiere fosse in grado di memorizzare numerose ordinazioni, per poi dimenticarsene completamente una volta serviti i vari clienti.
Fu così che, partendo da tali osservazioni, la psicologa formulò l’ipotesi secondo la quale un compito non portato a termine potesse creare una forte tensione psichica che motiverebbe il proposito di completare una data attività impedendo alla mente di focalizzarsi su altri processi cognitivi.
Per corroborare tale tesi, la psicologa decise, nel 1927, di condurre un esperimento: fece risolvere a 22 volontari piccoli rompicapi e puzzle interrompendone, di tanto in tano, qualcuno. In questo modo, scoprì che i soggetti ricordavano due volte meglio ciò che stavano compiendo nell’istante in cui venivano interrotti rispetto a quando avevano ultimato il proprio compito. Anche in questo caso, come in quello dei camerieri, si era dunque creata un’importante tensione a livello mentale.
Questo stato mentale, causato appunto dall’effetto Zeigarnik, viene ampiamente utilizzato dagli sceneggiatori di serie tv e soap opera sotto forma di tecnica narrativa: quella del “cliffhanger”, ovvero del “finale sospeso”. Essi, infatti, tendono solitamente a sospendere una puntata o un’intera stagione “sul più bello”, lasciando così gli spettatori nell’attesa, nel dubbio, con l'”acquolina in bocca”. In questo modo, è molto probabile che gli stessi spettatori non vorranno assolutamente perdersi l’episodio successivo per sapere cosa accadrà e, di conseguenza, si fidelizzeranno sempre di più alla serie.
L’effetto Zeigarnik può altresì essere adottato con successo per sopperire ad un problema che attanaglia milioni di persone in tutto il mondo: quello della procrastinazione. A tal proposito, se ci impegniamo ad iniziare un compito, anche solo per pochissimi minuti, ciò sarà sufficiente ad attivare un circolo vizioso in cui la nostra mente continuerà a ricordarcelo fino a quando non l’avremo effettivamente concluso.
Tale meccanismo può però generare anche degli effetti negativi, come il senso di colpa, lo stress e l’insoddisfazione. Dopotutto, la linea che separa produttività e ansia è molto sottile. Per evitare che ciò accada, sarebbe dunque consigliabile adottare qualche stratagemma:
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